Il multitasking non è possibile: ce lo dicono neuroscienze e psicologia cognitiva. Finalmente sanioni per chi guida e parla contemporaneamente al telefonino.





Finalmente  arrivano sanzioni per quelli che guidano tenendo in mano un telefonino o un tablet. Già alla prima infrazione ci sarà il ritiro della patente. Un provvedimento più volte richiesto e sollecitato da chi fa ricerca scientifica.

Mi sono già soffermata più volte su questo tema: l’ultima al recente convegno di Neuroetica e Filosofia delle Neuroscienze organizzato  a Cassino il primo aprile. Una sessione era appunto dedicata al tema del “multitasking” cioè a quella nostra dannosa abitudine a voler fare più cose contemporaneamente, come appunto guidare e telefonare nello stesso tempo.

Finalmente ci si è accorti  che tre su quattro incidenti  (secondo l’ intervistato di turno presso un telegiornale nazionale che mi è capitato di vedere) sono provocati da disattenzione dovuta all’uso di dispositivi elettronici utilizzati mentre si guida. Dati orientati in questo senso erano già stati rilevati in altri paesi. Sicuramente l’Italia arriva tardi anche se lo fa con un certo rigore.  Esiste, infatti, nei vari stati una legislazione abbastanza differenziata . Telefonare mentre si guida è un reato negli USA già da molto tempo e in molti paesi europei. In alcuni di essi si vieta l’uso diretto del telefonino e si permette il vivavoce. Posizione, questa, che lascai perplessi, perché anche  il vivavoce non è meno pericoloso del tenere il telefonino in mano in quanto è un elemento distrattore.

 Mi ha colpito però, del servizio televisivo visto, il fatto che non sia sta fatto alcun riferimento a dati neuroscientifici, noti ormai da molto tempo, dati scientifici che devono essere il primo supporto degli interventi dello Stato in materia di salute e benessere dei cittadini. Perché la questione dell’uso del telefonino mentre si guida non è solo una questione di ordine e di regole, ma di sopravvivenza ed è una questiona che ha a che fare con la biologia di noi esseri umani.

Questo mancato riferimento sta a dimostrare quanta poca diffusione di cultura scientifica vi sia, in Italia, tra la gente (comprese le persone colte),  il che, come sosteneva qualche tempo fa, in un articolo su Sole 24 ore, Gilberto Corbellini, aumenta sensibilmente l’incidenza della mortalità. Ne è un esempio la grande bagarre suscitata, recentemente, dalla questione dei vaccini, che ha segnato un vero regresso alle false credenze, al pregiudizio e alla superstizione. Ce la faranno le sanzioni a risolvere il problema? Non sarebbe il caso di affiancare una vasta e diffusa campagna informativa ed educativa nel senso dell’acquisizione di conoscenze scientifiche che possano portare ad un cambiamento dei comportamenti? Non sarebbe il caso di diffondere le conoscenze acquisite nell’ambito delle neuroscienze e della psicologia cognitiva, indispensabili ormai per la spiegazione di molti nostri comportamenti? Le neuroscienze ci dicono  che  è una falsa credenza quella di poter fare  più cose  contemporaneamente (multitasking). A volte si ha la sensazione che questo possa accadere ma di fatto  una delle due attività è svolta in modo automatico cioè preriflessivo, al di fuori dell’attenzione cosciente. L’attenzione è un meccanismo psichico complesso e fragile perché subisce influssi dagli stimoli esterni (rumori, suoni, eventi…) e da quelli interni: ricordi, emozioni, ansia, preoccupazioni, motivazioni (ad esempio il piacere di fare una cosa). Se siamo impegnati in un compito  e contemporaneamente facciamo un’altra cosa, le difficoltà di mantenere vigile il nostro livello di attenzione  sul compito aumentano. Inoltre, la nostra attenzione  può essere fuorviata da stimoli molto forti che ci attraggono in automatico. Al di fuori della consapevolezza, infatti, l’ attenzione può essere catturata da alcune caratteristiche dello stimolo attraverso un processo preattentivo che si chiama pop- out. E’ difficile, dunque, mantenere stabile il livello d’attenzione. E l’ansia stessa (ci sono guidatori fortemente ansiosi) deprime fortemente l’attenzione sul compito. Mentre guidiamo noi siamo concentrati non solo sull’atto del guidare ma anche una serie di stimoli ambientali: la strada che percorriamo,  il comportamento degli altri automobilisti, il comportamento dei pedoni, ecc… Noi prestiamo attenzione solo ad un limitato numero di stimoli provenienti dall’ambiente. Per mantenere l’attenzione focalizzata su un determinato stimolo c’è bisogno di risorse cognitive specifiche e di reclutare le aree prefrontali.   Nel momento in cui facciamo questo c’è una serie di altri stimoli che arrivano dall’ambiente e che possono interferire con il processo in atto, non solo, ma che possono farci   incorrere in errori. Per riportare l’attenzione sul compito dobbiamo fare uno sforzo. C’è sempre da fare i conti con questo nostro meccanismo prodigioso che è il cervello ma che ha le sue regole e le sue logiche!

Dovrebbe essere chiaro, a questo punto, perché non è bene telefonare e guidare nello stesso momento!

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