Rispondere alle email, allo
squillo del telefonino ma soprattutto ai messaggi facebook è diventato una
sorta di atto compulsivo: non riusciamo a farne a meno allo stesso modo dei
dispositivi elettronici che ci portiamo dietro, una sorta di prolungamento del
nostro corpo. Guai a dimenticarcene! In qualsiasi momento qualcuno può invadere la nostra vita
senza chiederci il permesso. Non è una limitazione della nostra libertà? Ma per
molti è una “goduria” ed una dipendenza come può essere il consumo di alcolici
o l’acquisto compulsivo. Un modo per poter esistere. Sono connesso , scrivo e rispondo,
dunque esisto!E’ difficile sottrarsi! Una volta, ai tempi di Marcuse si
diceva “e’ difficile uscire dal
sistema”. Oggi anche per esprimere le tue opinioni e le tue critiche hai
bisogno dei dispositivi e della rete. Si potrebbe dire: “puoi sempre scrivere
sul quotidiano locale”. Ma chi li legge più i giornali?

Il corso di formazione nasce con lo scopo di formare esperti nella relazione d’aiuto che, attraverso l’acquisizione di uno specifico modello di riferimento teorico-applicativo, basato sui principi della Psicologia Umanistica e di quella Fenomenologico-Esistenziale, siano in grado di agire efficacemente in diversi ambiti di intervento da quello privato, a quello sociale, scolastico, sanitario e aziendale.
IL talento è innato o costruito?I bambini precoci
Il multitasking non è possibile: ce lo dicono neuroscienze e psicologia cognitiva. Finalmente sanioni per chi guida e parla contemporaneamente al telefonino.
Finalmente arrivano sanzioni per quelli che guidano
tenendo in mano un telefonino o un tablet. Già alla prima infrazione ci sarà il
ritiro della patente. Un provvedimento più volte richiesto e sollecitato da chi
fa ricerca scientifica.
Mi sono già soffermata più volte
su questo tema: l’ultima al recente convegno di Neuroetica e Filosofia delle Neuroscienze
organizzato a Cassino il primo aprile.
Una sessione era appunto dedicata al tema del “multitasking” cioè a quella
nostra dannosa abitudine a voler fare più cose contemporaneamente, come appunto
guidare e telefonare nello stesso tempo.
Finalmente ci si è accorti che tre su quattro incidenti (secondo l’ intervistato di turno presso un
telegiornale nazionale che mi è capitato di vedere) sono provocati da
disattenzione dovuta all’uso di dispositivi elettronici utilizzati mentre si
guida. Dati orientati in questo senso erano già stati rilevati in altri paesi.
Sicuramente l’Italia arriva tardi anche se lo fa con un certo rigore. Esiste, infatti, nei vari stati una
legislazione abbastanza differenziata . Telefonare mentre si guida è un reato
negli USA già da molto tempo e in molti paesi europei. In alcuni di essi si
vieta l’uso diretto del telefonino e si
La testimonianza di una delle ltime pazienti fi Freud: un terapeuta capace di ascolto empatico ed attento
Margarethe Walter (morta nel luglio del 2013) fu una delle ultime pazienti viennesi di Freud curata nel 1936.
Aveva 18 anni quando fu condotta presso il numero 19 della Berggasse a Vienna dal padre, uomo severo e rigido, proprietario di una fabbrica di feltrini per munizioni da caccia. Vi era stata
inviata dal medico di famiglia.
Così raccontava nella sua testimonianza : "Non era un ambulatorio normale! Non c'erano pazienti in sala d'attesa! Non si sentiva odore di canfora e non si vedevano infermiere vestite di bianco!". Al centro della stanza: un divano, "coperto stranamente da un tappeto, con tantissime frange". Ad un'estremità, in strana posizione, la poltrona.
Secondo il medico di famiglia la ragazza presentava "un malessere interiore". Perciò
sarebbe stato utile rivolgersi al dott. Freud un luminare in questo campo, "molto
bravo, ma ancor più costoso". Tra l’altro la ragazza presentava qualche
stranezza.
La ragazza viveva in una agiatezza dorata,
isolata ed iperprotetta, senza rapporti umani nutrienti: la madre era morta di
parto, il padre era preso dagli affari, la nonna era anziana ed apprensiva, la
seconda moglie del padre egoista e distante. "Ero la ragazza più sola di
Vienna!", ricordava Margarethe. L’educazione era stata molto severa,
fredda e direttiva.
Sigmund Freud aveva all’epoca 80 anni: “Un uomo vecchissimo che mi ha guardato con occhi attenti. Era fisicamente molto fragile ma pieno di energia!",ricordava. Freud incomincia a fare domande ma è il padre che risponde senza lasciare alcuno spazio alla figlia. Allora Freud chiede al padre di allontanarsi e rimane solo con Margarethe.
Sigmund Freud aveva all’epoca 80 anni: “Un uomo vecchissimo che mi ha guardato con occhi attenti. Era fisicamente molto fragile ma pieno di energia!",ricordava. Freud incomincia a fare domande ma è il padre che risponde senza lasciare alcuno spazio alla figlia. Allora Freud chiede al padre di allontanarsi e rimane solo con Margarethe.
A questo punto Margarethe
incoraggiata da Freud per la prima volta parla liberamente di tutto ciò che
l’angustia e dei suoi desideri: l'odio per la matrigna, per la scuola, per abiti e scarpe che le vengono imposte e che
lei non può scegliere, la sua solitudine. Un fiume in piena. E finalmente c’è
qualcuno che l’ascolta empaticamente: "Lui ha esaudito per la prima volta
il mio perenne desiderio di aprirmi a qualcuno: Sigmund Freud è stata la prima
persona che abbia davvero mostrato interesse nei miei confronti, che volesse
sapere qualcosa di me, l'unico che realmente è stato ad ascoltarmi".
Ovviamente non ci volle molto a Freud per comprendere le origini del malessere
della ragazza: un ambiente freddo e distante, un’educazione fortemente
autoritaria che non lasciava a Margarethe alcuna possibilità di auto
espressione e di crescita autonoma. Freud esortò Margarethe a non subire più le
decisioni che riguardavano la sua vita e di chiedere ogni volta spiegazioni e
motivazioni. Suggerimento che ella incominciò ad applicare trasformando la
propria vita. Al di là della vulgata che ci presenta un Freud dietro il lettino
distaccato e neutrale, il fondatore della psicoanalisi era un terapeuta capace
di ascolto empatico e attento, in grado di mettere a proprio agio il paziente.
(Alcune informazioni
utilizzate sono state tratte da Repubblica 2006)
Gruppo d'Incontro: Tecnche di mindfulness, di autoconsapevolezza corporea, ed emotiva, esperienze guidate, visualizzazione creativa
Centro di “ Psicologia Umanistico-Transpersonale ed Analisi Fenomenologico-Esistenziale”
PSICOTERAPIA, STUDIO, RICERCA
Psicologia positiva, della salute
e del benessere
Sabato 17 giugno
2017
Ore 15-19
GRUPPO d’INCONTRO
“Ogni giorno, di ogni
anno è possibile iniziare una vita vissuta diversamente”
Workshop
Tecniche di Mindfullness, di autoconsapevolezza corporea
ed emotiva,rilassamento, esperienze guidate.
Il Gruppo d’Incontro aiuta a
-conoscere se stessi
-sviluppare parti di sé rimaste
inespresse
-scoprire il modo in cui ci relazioniamo
con gli altri e a sviluppare la nostra capacità di creare rapporti
interpersonali
-sperimentare nuove modalità di
comportamento
-sciogliere nodi e situazioni
problematiche della nostra esistenza
Infine: la consapevolezza corporea, la
mindfulness, come evidenzia molta ricerca in neuroscienze, abbassano i livelli di stress e di ansia
Il Gruppo
d’Incontro è una occasione di cambiamento e crescita personale Per informazioni e per la prenotazione (obbligatoria)
telefonare al “Centro di Psicologia
Umanistica” viaMolise,4-Cassino tel/fax:0776/25993(ore 16-18, lunedì, martedì);
cell338
AI PARTECIPANTI VERRA’ RILASCIATO UN ATTESTATO DI PARTECIPAZIONE
*M.Felice Pacitto, psicologae
psicoterapeuta, è stata allieva e collaboratrice di Rollo May e Ronald
Laing. E’ stata tra i primi a
sviluppare, in Italia, il metodo dei Gruppi d’Incontro, di cui ha dato una
formulazione teorica e metodologica nel testo “Dal Sentire all’Essere”, Ed.
Magi
"L'uomo che provò a capire mente e cervello.Freud tra biologia, ermeneutica e neuroscienze", di maria Felice Pacitto, Guida Editore
Scheda libro
Freud aveva iniziato come neuropsicologo ma fu costretto,
quasi, a diventare “psicologo” perché le conoscenze dell’epoca nell’ambito
della neurofisiologia erano molto limitate e non gli consentivano di spiegare
la complessità dei fenomeni psichici che la pratica terapeutica gli presentava.
Imboccò, dunque, un’altra strada inventando una nuova scienza, ma non rinunciò
mai all’istanza biologica. L’autrice, pertanto, sviluppa la sua trattazione
intorno all’idea che l’unico vero problema di Freud fu quello del rapporto
mente-corpo (oggi body-mind), che lo portò ad anticipare di un secolo
prospettive di ricerca che solo oggi le neuroscienze sono in grado di
sviluppare grazie all’invenzione di nuove tecniche non invasive di indagine del
cervello. L’autrice sottolinea, dandone ragione e cogliendone l’origine,
entrambe le componenti, quella ermeneutica e quella biologistica, che
coesistono dall’inizio fino alla fine nello sviluppo dell’opera freudiana,
prospettive che vanno parimenti accolte se si vuole accedere ad una più piena
comprensione della stessa. La trattazione, libera l’opera freudiana dai molti
stereotipi che ne hanno accompagnato la volgarizzazione, analizza le profonde
trasformazioni che la psicoanalisi freudiana ha operato nel mondo della cultura “alta”( filosofia,
letteratura, arte, cinema,sociologia, politica) fino ad invadere la nostra
stessa quotidianità cambiando il comportamento e il modo di pensare comuni:
“Anche chi non lo ha mai letto e non ne conosce l’esistenza è influenzato da
Freud” e ne usa il linguaggio. Il libro affronta anche il problema della
scientificità della teoria, della sua attualità e validità come strumento
terapeutico. Il tutto alla luce del confronto con le ricerche attuali. Certo, molti costrutti clinici
freudiani sono superati, ma non la teoria psicanalitica nei suoi ultimi
sviluppi: la psicanalisi di oggi non è più quella di Freud, e ciò era nei
desideri dello stesso suo fondatore, il quale voleva che la sua teoria fosse
uno strumento duttile e in costante evoluzione.
Freud, dunque, rimane un punto di non ritorno e continua ad intrigarci. Nessuna teoria nell’ ambito delle
neuroscienze o della genetica potrà mai soppiantare la teoria psicoanalitica,
per il semplice fatto che il suo compito è quello di aiutarci non solo a trovare
il nostro equilibrio psichico ma, anche, ad individuare il senso di noi e della
nostra vita.
Particolarmente
attuale la parte che l’autrice dedica al rapporto tra psicoanalisi freudiana e
neuroscienze. Freud sviluppò alcune felici intuizioni sul funzionamento della
mente sviluppate dall’attuale ricerca in neuroscienze ( si veda il confronto
tra la teoria della coscienza di Freud e le attuali teorie della coscienza) e
rispetto ad alcuni temi fu più naturalista degli stessi attuali neuroscienziati
(si veda il tema del libero arbitrio). E le stesse neuroscienze, che pure
convalidano alcuni assunti freudiani mentre ne respingono altri, confermano
l’efficacia della psicoterapia (si veda il cap. “La neuroplasticità: la
psicoanalisi il più raffinato strumento di rimodellamento della mente e
riformattazione cerebrale”)
Costante è, nella trattazione, il riferimento allo sfondo
storico-culturale in cui sia la vita che l’opera di Freud si svilupparono. Freud emerge nella sua singolarità di scienziato
geniale che seppe coagulare temi e
suggestioni dell’epoca in un sistema, una delle ultime grandi creazioni del
secolo.
Un sistema non privo
di contraddizioni di cui Freud stesso era consapevole, un sistema in cui la
prospettiva naturalistica convive accanto a quella speculativa,in cui il rigido
determinismo si affianca alla fede nel potere della conoscenza e della ragione.
Ne viene fuori un Freud caratterizzato da una passionalità concettuale che lo porta ad assumere posizioni audaci e
che non si ferma dinanzi a nessuna difficoltà per l’amore della verità. Un
Freud che, contrariamente alle facili volgarizzazioni (la svalutazione della
religione, la legittimazione di ogni comportamento, il pansessualismo)
sottolinea il ruolo dei valori e la ricerca della verità come unico criterio della indagine
scientifica. Ma viene fuori anche un Freud, diventato psicoterapeuta quasi per caso e non troppo fiducioso nel potere di guarigione
della psicoterapia, diverso dallo stereotipo dell’analista distaccato, neutrale
e asettico che ci è stato tramandato; un Freud
empatico, partecipe, fortemente interessato ai suoi pazienti, in linea
con quelle caratteristiche che devono connotare la pratica di ogni buon
terapeuta, quali appunto l’empatia e l’accettazione incondizionata.
La trattazione fa trasparire, quasi in filigrana, l’uomo
Freud, attraversato da una sofferenza di fondo (fu colpito da gravi lutti e da
una grave malattia)e dal pessimismo nei confronti della natura umana che non
fiaccarono l’entusiasmo e l’amore per il sapere né il senso dell’humour che lo accompagnò fino alla
fine.
E’ un libro di facile ed immediata
lettura per chi voglia essere informato sullo stato dell’arte della teoria
psicoanalitica(la sua attualità,le sue connessioni con la ricerca
neuroscientifica contemporanea, ecc..) e
voglia conoscere Sigmund Freud. E’ utile in particolar modo per gli studenti
del settore (scienze psicologiche, cognitive, ecc..) ma si offre anche, come
altri miei lavori, ad un più vasto pubblico di lettori comuni appassionati alla
psicoanalisi.
La Shoah e gli immigrati
La giornata della commemorazione delle vittime della Shoah, mai come
quest’anno ha visto il proliferare di iniziative, eventi, conferenze, films,
programmi televisivi, offerta di libri sull’argomento.
Miglia di pagine sono scritte nel tentativo di spiegare quell’odio
pazzo, apparentemente senza ragione, che portò allo sterminio di milioni di
Ebrei. Un odio che neanche Sigmund Freud, così appare dalle conversazioni con Stefen Zweigg,
riusciva a spiegare pienamente. Ma non si
trattò solo di un emotivismo cieco che portò a distruggere negozi, a picchiare
e ad umiliare gi Ebrei pubblicamente, a calpestare i loro libri sacri, a
distruggere le sinagoghe, ad escluderli dalla vita sociale ed economica. Un emotivismo
spiegabile, in parte, alla luce di quelle osservazioni che il padre della
psicoanalisi aveva fatto, per quell’intuito preveggente che solo i geni
possiedono, in Psicologia di massa e
analisi dell’IO, sul totalitarismo e sui fenomeni di massa vent’anni prima
che essi si producessero. E, successivamente, Wilhelm Reich, in Psicologia di massa del fascismo, testo
purtroppo dimenticato, sottolineava come il regime fascista avesse fortemente
plasmato le personalità e le coscienze, come la repressione ed il controllo esercitato
dai regimi totalitari facesse
aumentare a dismisura l’aggressività
delle persone, aggressività che trovava,
poi, vie di scarica su quelli che erano ritenuti “estranei” e nemici, appunto
gli Ebrei. Ma non si trattò solo di emotivismo cieco. Ci furono “ragioni” e
queste erano il fattore ideologico e la propaganda del regime che facevano
percepire gli Ebrei come estranei e minacciosi. I criminali nazisti sapevano
quello che facevano: talora ne provavano disagio ma si sentivano autorizzati a
farlo perché gli Ebrei erano diventati non solo estranei ma “non umani”. Il
processo di deumanizzazione esercitato da Hitler sistematicamente, che
attingeva al peggio della tradizione antisemitica occidentale, ( gli Ebrei erano definiti bisce, serpenti, pidocchi,
polipi…) consentiva alla coscienza dei tedeschi (militari e cittadini