Come dimostrato dalla ricerca in neuroscienze, psicologia
sociale e psicoloia cognitiva, esiste una spontanea tendenza a comportamenti
altruistici e prosociali. Ne sono capaci anche alcune specie animali. Studi in
etologia e neurobiologia animale ci offrono molti esempi straordinari di
comportamenti “buoni” esibiti da animali che segnalano, anche, la presenza di
sentimenti che generalmente attribuiamo all’essere umano. E ' ciò che li rende simili a noi e che ha fatto si che venissero loro estesi diritti etici (Peter Singer)Si tratta però di
comportamenti non consapevoli e non riflessivi come accade invece
per l’uomo. Oggi pensiamo che l’evoluzione abbia selezionato meccanismi
cerebrali, ereditabili biologicamente, responsabili dei comportamenti prosociali
perché utili alla sopravvivenza. Non
avrebbe potuto, infatti, esservi sopravvivenza per l’umanità (ma questo vale
anche per alcune comunità animali) senza cooperazione che implica, sempre,
anche, cura per l’altro. Ma la naturale tendenza alla pro socialità può essere
sviluppata e implementata da una buona educazione o al contrario inibita e
bloccata da condizioni ambientali ed educative carenti e svantaggiose.
I comportamenti altruistici, come ormai da tempo la
ricerca ci avvisa, procurano benessere, il che spiega, in parte perché i meccanismi biologici in essi
coinvolti, siano diventati stabili nel corredo biologico degli umani.
Comportamenti prosociali attivano i circuiti neuronali della
ricompensa, gli stessi che si attivano con il cibo e la sessualità, due potenti
attivatori di dopamina e di sensazioni o
vissuti di benessere. Tali conoscenze sono andate ormai talmente in circolo da sviluppare la "social financy", orientamento per cui aziende o soggetti particolarmente danarosi devolvono una parte dei loro guadagni in opere socialmente utili.
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