La psicoanalisi in Cina



 Come una peste (così l’aveva definita Sigmund Freud durante il viaggio che agli inizi del secolo scorso lo portava negli Stati Uniti) si diffonde in tutti i paesi che vengono in contatto con la cultura occidentale. Già da molti anni la psicologia analitica di Carl Gustav Jung  è presente in Cina. Di questo si è parlato a PerìArχôn –Cenacolo di Cultura Archetipica, fondato da Luigi Turinese, psicologo analista Junghiano il 22 giugno. A parlarne Marta Tibaldi, analista junghiana, che dal 2005 si occupa della formazione dei futuri analisti cinesi, la quale ha offerto un illuminante spaccato su un popolo in rapida trasformazione, assetato di cultura occidentale, disposto a prendere dall’Occidente tutto ciò che può essere utile al suo funzionamento. Quindi anche la psicoanalisi, necessaria per far fronte all’alta percentuale di depressioni e psicosi che si riscontrano nella popolazione. Certo può essere difficile comprendere tale fenomeno dinanzi al quale scatta immediatamente il nostro senso critico: come possono andare d’accordo la Cina comunista con la psicoanalisi che è scienza
specificamente critica e liberatrice? Mettiamo in conto che   non è facile avvicinarsi ad un’altra cultura. Immediatamente scatta il nostro inconscio culturale (ne aveva parlato Jung) cioè i nostri pregiudizi che sono anche i nostri complessi. Ma l’approccio junghiano, afferma Marta Tibaldi, è congeniale al mondo cinese perché la cultura e la lingua cinesi sono costruite su immagini culturali di natura archetipica. Anche la vita materiale si fonda su un continuo rimando alla dimensione archetipica anche se al di fuori della consapevolezza. La pratica analitica, regolarmente, tende a focalizzare la dimensione pscichica personale per dirigersi verso l’interno archetipico mentre, in oriente, il processo è inverso. Si inizia dalla dimensione archetipica culturale per analizzare forme più individuali di rapporto con le immagini inconsce.

Marta Tibaldi ha operato a Canton e attualmente opera ad Hong Kong e a Taiwan

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