Il mondo dell’alcolismo è profondamente cambiato. Una volta,
quando si parlava di alcolista veniva in
mente un soggetto vecchio barbuto, abbrutito
e cadente. Oggi, invece, il bere( e il bere tanto) è diventato quasi
normale e si comincia a bere ad un’età molto precoce. La maggior parte dei casi
di ricovero da intossicazione alcolica è costituita da ragazzi, anche di 12 anni: il “binge drink”,
l’abbuffata di alcol regolarmente una volta settimana ,dilaga. Una vera
emergenza considerando i danni che l’alcol procura in soggetti al di sotto dei
25 anni. Prima dei 25 anni il cervello è ancora in fase di modellamento e si completano
e stabilizzano quelle zone cerebrali
deputate al ragionamento e al controllo di sé. L’alcol interferisce con tali
processi facilitando invece l’attività cerebrale legata all’impulsività già
tipica degli adolescenti . L’abitudine al binge drink (bastano pochi mesi)
produce danni cerebrali rilevabili con la risonanza magnetica: una riduzione irreversibile dell’ippocampo,
responsabile dell’orientamento e della memoria. Dunque, una zona fondamentale
per la vita della nostra mente considerando che la memoria è la nostra identità.
L’alcol danneggia fortemente anche le persone al di sopra dei 65 anni che non
riescono a metabolizzarlo e non fa troppo bene neanche a quelli di fascia
intermedia tra i 25 e 60 anni Due bicchieri al giorno sono il massimo
consentito. Ma, nonostante questi dati allarmanti (il 9% dei ragazzi e il 7/%
di ragazze sono consumatori)di alcol non si
parla perché anche chi si occupa
di salute preferisce cavalcare le “mode” e magari affrontare quei temi fortemente propagandati dai media,
tralasciando fenomeni ancora più
pericolosi e devastanti. E non se ne
parla perché ormai il bere è diventato un rito sociale. Una volta a bere c’era
da vergognarsi, si beveva in solitudine per dimenticare. Per le donne, poi, era del tutto sconveniente
bere in pubblico e anche sedersi dinanzi ad un bar. Oggi invece ci si espone tranquillamente: il bar è
diventato come il salotto di casa, ci si incontra e si parla e tra una parola e
l’altra si consuma il primo e il secondo e il terzo drink, con
grande soddisfazione degli esercenti. Bevono i maschi ma parimenti bevono anche le donne, i ragazzi e
le ragazze. L’alcol oggi, come una volta le sostanze da dipendenza , serve per
stare in gruppo, per apparire sicuri e “inseriti”.E si tende a”tirare”: la sbornia non è un incidente ma è voluta e
ricercata. E anche nei ristoranti è facile osservare sul tavolo di
quattordicenni e quindicenni una bottiglia di rosso. L'alcol è dabnnoso nonsolo per i danni cerebrali che procura ma, anche, per gli eventuali fenomeni di violenza e aggressività che
possono essere faciliati dalla liberazione degli impulsi operata dall’alcol.

Il corso di formazione nasce con lo scopo di formare esperti nella relazione d’aiuto che, attraverso l’acquisizione di uno specifico modello di riferimento teorico-applicativo, basato sui principi della Psicologia Umanistica e di quella Fenomenologico-Esistenziale, siano in grado di agire efficacemente in diversi ambiti di intervento da quello privato, a quello sociale, scolastico, sanitario e aziendale.
Anche il linguaggio del corpo può ingannarci!
Siamo abituati a pensare che il linguaggio del corpo non
menta. Ma non è proprio così. Generalmente
si ritiene che non guardare in volto una persona è segno di menzogna, un
indizio che, accanto ad altri, viene segnalato nei manuali ad uso
investigativo. Ebbene, in una ricerca, di qualche anno fa (Mann et al., 2004)
in cui dei poliziotti dovevano riconoscere nei video, di alcune persone
sospette, i mentitori, risultava che più si era tenuto conto degli indizi
raccomandati dal manuale, maggiori erano gli errori di valutazione. Ma perché
ci fidiamo dell’indizio del non guardare in volto come segnale di menzogna?
Perché siamo spinti da uno stereotipo del tipo: mentire è riprovato eticamente
e socialmente per cui se lo facciamo ce ne vergogniamo e abbassiamo gli altri.
Da qui al ritenere che abbassare gli occhi sia sinonimo di menzogna il passo è
breve! Tra l’altro il linguaggio del corpo è soggetto a variabili culturali: in
Giappone ad esempio è segno di male educazione guardare in volto qualcuno. E neanche la macchina della
verità né la fMRI garantiscono alcuna certezza che un soggetto menta: una persona
può avere una sudorazione o una accelerazione di battito cardiaco per altri
motivi diversi dal mentire e la corteccia frontale mediale può attivarsi
ugualmente per altri pensieri (non del
tutto consapevoli) che attraversano la mente.